Ogni volta che apro la porta di casa mi ritrovo davanti a quella zona sospesa che si chiama ingresso. Piccolo, schiacciato tra un appendiabiti, due scarpe fuori posto e un muro bianco che non racconta niente. Lo spazio c’è ma sembra sempre mancare qualcosa. Non ha la leggerezza di un salotto, né la funzione chiara di una cucina. È uno di quei luoghi di passaggio che si vivono in fretta e che, proprio per questo, finiscono per essere trascurati. Eppure è il primo spazio che chiunque vede entrando, e anche l’ultimo che ti accompagna quando esci.
È il punto d’inizio, l’anticamera del nostro modo di abitare, ma raramente gli diamo la cura che merita. Per anni ho rimandato l’idea di sistemarlo, convinta che non valesse la pena investire tempo ed energie in un corridoio troppo stretto per avere un senso. Poi un giorno, dopo l’ennesimo trasloco, ho deciso di cambiare approccio. La svolta è arrivata osservando come il colore, più di qualsiasi mobile o accessorio, poteva ridisegnare proporzioni, dare profondità, creare atmosfera.
Il colore giusto può cambiare tutto, anche in pochi metri
Un giorno, senza grandi piani, ho deciso di dipingere solo la parete in fondo, quella che si vede appena si apre la porta. Un blu profondo, leggermente spento, niente di troppo saturo. Quella sola scelta ha cambiato tutto. Non sembrava più un corridoio che finiva nel nulla, ma un percorso con una direzione chiara.
L’occhio si posava lì, sul fondo, e lo spazio sembrava allungarsi, respirare. Era come dare un punto fermo, una sorta di invito ad entrare davvero. Il bello è che il colore in fondo, lasciando il resto bianco, fa sembrare tutto più profondo, più proporzionato. E anche con toni più caldi, come il terracotta o il verde salvia, l’effetto è lo stesso: creano calore senza appesantire.

In un’altra casa, con un ingresso a nicchia piuttosto buio, ho voluto provare un’altra strada. Pareti laterali e soffitto tutti nella stessa tinta. Il colore, in quel caso un grigio caldo tendente al bordeaux, avvolgeva lo spazio. Sembrava di entrare in una piccola scatola colorata, ma senza senso di oppressione.
L’altezza del soffitto sembrava più definita e lo spazio prendeva un’identità chiara, quasi come se fosse una stanza a parte. Con questo approccio serve però una certa attenzione nei dettagli. I battiscopa devono restare chiari, le porte meglio se bianche, così da non schiacciare l’ambiente. È un effetto che funziona soprattutto quando lo spazio è raccolto.

Poi ho visto una soluzione che mi è rimasta impressa: tre pareti colorate e una lasciata bianca. Anche questo cambia la percezione, ma in modo meno netto. Non è un contrasto rigido, piuttosto una sorta di asimmetria che guida. Se l’ingresso comunica con un’altra stanza, come il soggiorno, lasciare una parete chiara aiuta a collegare gli spazi. Colori come sabbia, cipria o tortora funzionano benissimo in questi casi. Sono tinte che creano movimento, senza farsi notare troppo. È un modo intelligente per delimitare senza dividere.
Diverso ancora è quando il colore si fa geometrico. Blocchi, fasce, archi disegnati sopra un mobile o uno specchio. In quel caso non si lavora più sulla profondità o sull’ampiezza, ma sull’effetto visivo. È un’estetica più grafica, che trasforma il muro in superficie da disegnare. A me piace molto usare i blocchi di colore nella parte bassa delle pareti, fino a un metro o poco più. Ingressi anonimi acquistano subito carattere. Con due soli colori e un buon nastro adesivo si può fare davvero tanto. È l’opzione perfetta per chi vuole un ingresso giocoso, moderno, senza eccedere.

Un altro tipo di trattamento che mi è capitato di usare quando il muro era irregolare o con piccole imperfezioni è quello sfumato. Le pitture con effetto calce o leggermente spugnate non solo aggiungono texture ma diffondono la luce in modo più morbido. L’ingresso, in quel caso, sembra avvolto da una nebbia leggera. Ho provato con un verde pallido quasi impercettibile e l’effetto era quello di un ambiente d’atmosfera, rilassato. È perfetto per chi ama le tinte delicate ma non vuole un muro piatto.
Per chi invece non se la sente di osare troppo ma non vuole rinunciare a un segno distintivo c’è la soluzione più silenziosa ma efficace: tutto bianco ma con dettagli a contrasto. Una porta dipinta di nero o ottanio, una cornice in legno scuro, una luce color ottone. Funziona. Fa sembrare tutto più curato, anche se il colore sulla parete è assente. Basta un solo elemento cromatico ben scelto per trasformare l’atmosfera.

Infine, un grande classico rivisitato: colore scuro sotto, chiaro sopra. Una fascia orizzontale che protegge ma anche struttura. È una soluzione che piace sempre, anche nei progetti più recenti. L’ho usata in casa di una famiglia con bambini e non solo era pratica ma anche bella. Un grigio fumo nella parte bassa interrotto da un profilo di gesso e poi un bianco avorio fino al soffitto. Lo spazio sembrava più alto, le pareti più robuste. E dava la sensazione che ci fosse stata una mano esperta a progettare anche se era tutto fai-da-te.
In fondo l’ingresso è il luogo dove si può sperimentare. È piccolo, si cambia in fretta, si vive in modo veloce. Ma proprio per questo ogni scelta che si fa lì ha un impatto amplificato. E il colore, usato bene, può davvero trasformare uno spazio secondario e portare armonia.