Eppure, quando si guarda un progetto come Mukaab, la sensazione è che quel futuro non sia solo immaginato, ma già disegnato nei dettagli. C’è qualcosa di quasi surreale in quest’idea di cubo gigante nel cuore di Riyadh, con i suoi 400 metri per lato, una città dentro la città, capace di contenere 20 Empire State Building e molto di più. È un gesto architettonico che cambia le proporzioni a cui siamo abituati, e costringe anche chi lavora nel settore a riconsiderare il significato stesso di edificio.
Ma più della forma, è la visione a colpire. Perché Mukaab non si limita a essere enorme. Punta a ridefinire il concetto di spazio urbano in verticale, ad assorbire intere funzioni cittadine in un unico volume, e a farlo attraverso un linguaggio architettonico che tiene insieme simboli culturali, tecnologia immersiva e sostenibilità. Non è un rendering da salone del mobile o un esperimento visionario fine a sé stesso. È un progetto inserito in una strategia economica precisa, che guarda al 2030 e oltre, con la sicurezza tipica di chi vuole stupire il mondo, ma anche attrarre investimenti.
Mukaab: il cubo architettonico da 400 metri che ridefinisce le città
Ci sono strutture che sembrano pensate per lasciare il segno, e altre che lo fanno proprio cambiando le regole del gioco. Mukaab rientra decisamente nella seconda categoria. La sua forma è semplice, quasi spiazzante: un cubo. Ma le proporzioni lo rendono unico. Parliamo di un edificio che misura 400 metri in altezza, larghezza e profondità, per un volume complessivo impressionante.
Oltre 25 milioni di metri quadrati di superficie calpestabile, distribuiti in strati verticali. Al suo interno, una spirale architettonica che si sviluppa per tutta la sua altezza ospiterà un grattacielo vero e proprio, contenuto nel cubo stesso. Un edificio dentro l’edificio, pensato per massimizzare ogni centimetro disponibile.

Il cuore del progetto è appunto questa torre interna a spirale, un grattacielo nel grattacielo, che ridefinisce anche l’idea di movimento dentro lo spazio. L’organizzazione in strati non è solo una soluzione logistica. Serve a creare ambienti separati, ognuno con una propria identità e funzione, tutti connessi in un flusso continuo. È un’architettura che cerca di imitare la complessità della città reale, ma in forma più controllata, compatta, e soprattutto immersiva.
Uno degli aspetti più interessanti è la gestione della percezione. L’uso di tecnologie LED e superfici olografiche permetterà di cambiare costantemente l’aspetto interno, ricreando panorami, cieli, ambienti naturali o astratti. È come se il progetto volesse eliminare i limiti fisici delle pareti, dando alle persone la possibilità di abitare in uno spazio dinamico, in continua trasformazione. Un’idea che, fino a pochi anni fa, sarebbe sembrata pura fantascienza.
C’è anche una forte componente culturale in questo progetto. Le facciate esterne del cubo riprendono motivi architettonici della tradizione araba, ma li traducono in una scala ipermoderna. È una scelta che mescola orgoglio identitario e ambizione globale, perfettamente coerente con il percorso avviato dall’Arabia Saudita negli ultimi anni. Mukaab fa parte della Saudi Vision 2030, un piano di trasformazione profondo che vuole portare il paese oltre la dipendenza dal petrolio, investendo in tecnologia, turismo e cultura.
All’interno, il cubo ospiterà 104.000 unità residenziali, oltre 9.000 camere d’albergo, 1,4 milioni di metri quadrati destinati a spazi commerciali e più di 80 luoghi di intrattenimento. Ci sarà un’università, un museo, un teatro, un rooftop garden, e persino un sistema di trasporto intelligente per collegare l’intero distretto al centro città e all’aeroporto in pochi minuti. Ogni elemento del progetto è pensato per rendere questa struttura autonoma e integrata nel tessuto urbano, ma anche per rappresentare una nuova frontiera dell’abitare.
Infine, c’è la questione del tempo. Per ora si parla di render, concept e promesse. La data del 2030 è ambiziosa, ma in linea con l’energia con cui Riyadh sta reinventando se stessa. Non è la prima volta che un progetto visionario viene accolto con scetticismo e poi realizzato in tempi record. Il punto non è solo se Mukaab sarà costruito esattamente così come lo vediamo oggi nei modelli.
Il punto è che qualcosa si sta muovendo, e sta cambiando il modo in cui pensiamo all’architettura, alle città, e forse anche a quello che ci aspettiamo da un edificio. Si tratta di un qualcosa che abbiamo già visto, seppur in maniera diversa, in altri edifici che tutto sembravano tranne che abitazioni.