Ci sono oggetti che sembrano progettati per stare nei musei, e poi ci sono quelli che ci finiscono davvero, ma riescono comunque a restare accessibili. Oggetti che non fanno rumore, non si impongono, ma hanno una presenza netta, precisa. Ti accorgi che funzionano perché migliorano l’ambiente senza doverlo dominare. E spesso sono più vicini di quanto sembri. Il bello è che il design, quello con la d minuscola e la testa ben piantata nella funzione, ogni tanto riesce ancora a sorprenderti. Non serve inseguire l’ultimo arredo da copertina. A volte bastano due pezzi giusti messi al posto giusto.
L’idea che il design costi sempre tanto è dura da scardinare. Ma è sbagliata. Esistono oggetti pensati da grandi progettisti, con materiali ben selezionati e una funzione chiara, che riescono a essere belli, pratici e anche abbordabili. Non per questo meno iconici. Anzi, forse proprio perché si usano davvero, diventano parte del paesaggio domestico con una naturalezza che nessun pezzo da esposizione potrà mai replicare. Ne ho scelti due, e sì, puoi averli anche tu.
Quando il design è accessibile ma resta autentico
Il primo oggetto è una lezione di semplicità. Il Cubo, disegnato da Bruno Munari nel 1957 per Danese Milano, è un posacenere da tavolo che sembra uscito da uno studio di geometria. In realtà è un piccolo capolavoro di equilibrio tra forma e funzione. Non si impone, non brilla, non gioca con materiali pretenziosi. È composto da un cubo in melammina, aperto su un lato, e da una striscia di alluminio piegata a creare una fessura. Quella fessura è l’ingresso, il punto di scomparsa della cenere e del mozzicone. Dentro, tutto resta nascosto, pulito, protetto. Fuori, solo un volume perfetto che si adatta a qualsiasi ambiente, dal soggiorno più minimal allo studio più informale.

Costa 64 euro. Non è poco per un posacenere, è vero. Ma è pochissimo se si considera che è firmato da uno dei padri del design italiano e presente nelle collezioni permanenti del MoMA. Disponibile in due dimensioni, in nero, bianco o arancione, è uno di quegli oggetti che non ti stancano mai, anche se smetti di usarli per la funzione originale. Perché sì, può anche diventare un contenitore, un elemento da scrivania, o un puro oggetto decorativo.
Il secondo oggetto cambia completamente linguaggio. È una lampada, si chiama Oloha ed è prodotta da Fatboy. A prima vista sembra una ciotola, ma appena la tocchi capisci che è molto di più. È fatta da una coppa in metallo verniciato, al cui centro si inserisce una piccola lampada LED magnetica, rimovibile e ricaricabile. La luce è morbida, regolabile con un semplice tocco. Si può usare come applique, appoggiarla su un tavolo oppure appenderla a una parete. Ed è proprio questa sua ambiguità d’uso a renderla interessante.

La versione da 22,5 cm costa intorno ai 41 euro in offerta. Una cifra più che onesta per un oggetto che funziona da fonte luminosa, complemento d’arredo e idea regalo. È disponibile in più colori, anche se il verde salvia ha un tono perfetto per interni soft o terrazzi curati. Si ricarica con cavo USB-C, regge all’umidità, e resiste bene anche all’esterno. Ma la verità è che sta bene ovunque. Su una mensola, in bagno, come punto luce laterale su un mobile basso.
Ciò che lega questi due pezzi è la loro capacità di esistere con sobrietà. Il primo perché è stato pensato più di sessant’anni fa e sembra ancora attualissimo. Il secondo perché è tecnologico, sì, ma anche intimo, morbido, umano. Nessuno dei due richiede manutenzione, conoscenze specifiche o spazio dedicato. Basta prenderli, usarli, e tenerli vicini. Ed è lì che fanno la loro parte.
Chi pensa che il design sia riservato a chi arreda con i cataloghi forse non ha mai usato oggetti come questi. Che stanno dove serve, ma lo fanno con una precisione che si nota solo dopo. Perché il buon design è anche questo, si fa notare con lentezza.