La tendenza è “non finire”: mobili grezzi, pareti imperfette, linee incompiute. L’estetica del work-in-progress come dichiarazione di stile

Cemento grezzo, legno non trattato, pareti lasciate a metà: l'estetica del work-in-progress conquista il design d’interni. Un linguaggio nuovo, fatto di materiali imperfetti.

C’è qualcosa di stranamente rassicurante nell’incompleto. Non è disordine, è una pausa, un’interruzione che non chiede scuse. Entri in una stanza e vedi una parete lasciata a metà, una mensola non rifinita, un angolo dove si percepisce il gesto di chi ci ha messo mano. E invece di sembrare frettoloso o trascurato, tutto appare più reale. L’abitare prende forma mentre accade. Non è più una meta da raggiungere, ma un processo in corso.

Anche perché, diciamolo, a volte l’incompiuto affascina più del perfetto. La Sagrada Família è ancora un cantiere dopo più di cento anni, eppure nessuno vorrebbe vederla finita. Nei progetti di interni più recenti, l’effetto non finito si fa largo. Non tanto per stupire, quanto per sottrazione. Si preferisce mostrare le tracce del tempo, i bordi vivi del legno, i segni lasciati da una pennellata interrotta. Anche le linee smettono di cercare la perfezione, aprendo lo spazio all’imprevisto.

Il fascino dell’incompiuto: perché piace così tanto

L’idea che una casa debba sembrare perfettamente rifinita, pronta per una foto da copertina, inizia a stare stretta. C’è una certa stanchezza nel dover raggiungere sempre la versione definitiva delle cose, anche negli ambienti in cui viviamo. Così, l’incompiuto prende piede. A partire dalle superfici: intonaci a calce lasciati irregolari, travi a vista, cementi non levigati, pitture che si fermano prima di coprire tutto. Sono gesti intenzionali, che creano atmosfera e portano con sé una narrazione.

Lo stesso vale per i mobili. Il legno grezzo smette di essere un riferimento rustico e diventa un gesto concettuale. Tavoli dalle forme irregolari, panche in tronco, superfici non levigate che mostrano nodi, fenditure, tracce del tempo. È il materiale che parla, senza bisogno di finiture. Ma attenzione: perché funzioni, serve proporzione, serve misura. Un pezzo così non è un oggetto qualunque, è un accento. Funziona meglio se accostato a elementi minimali, magari in metallo o vetro, per creare contrasto. L’insieme deve sembrare pensato.

parete e specchio
Il fascino dell’incompiuto: perché piace così tanto – designmag.it

Anche le forme seguono lo stesso principio. Le simmetrie perfette lasciano spazio a specchi con cornici sbilenche, sedute asimmetriche, tavolini non perfettamente rotondi. Tutto sembra un po’ storto, ma nulla è lasciato al caso. È la bellezza del difetto, cercata e voluta. Una piccola ribellione alla serialità, al già visto. In questo gioco di forme aperte e dettagli irregolari, ogni oggetto trova la sua voce. Non serve arredare tutta la casa così, basta un elemento che rompa il ritmo e crei un piccolo squilibrio.

Il rischio, ovviamente, è che tutto sembri trascurato. Ma è proprio qui che si misura la capacità progettuale. L’equilibrio sta nell’alternanza. Un mobile grezzo funziona meglio in salotto se su un tappeto curato. Una parete imperfetta ha più forza se accostata a una lampada dal design preciso. L’effetto cantiere è dietro l’angolo, ma si evita facilmente scegliendo con attenzione i materiali e bilanciando le scelte più forti con tocchi più raffinati.

Ci sono stanze in cui questa estetica si esprime meglio. Il soggiorno, ad esempio, si presta a ospitare pareti materiche e mobili scultorei. Anche lo studio o la zona pranzo possono accogliere elementi grezzi, lasciando che siano i materiali a definire l’atmosfera. Diverso il discorso per cucina e bagno, dove la funzionalità e la pulizia visiva sono più importanti. Qui, l’incompiuto può entrare solo in piccole dosi, magari in una mensola grezza o in un dettaglio murario, il resto deve restare pratico.

In ogni caso, l’idea non è quella di seguire una regola. È piuttosto quella di dare spazio a un modo di vedere. La casa non più come oggetto da mostrare, ma come spazio che si racconta mentre cambia.

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