Negli ultimi anni la cucina open space è stata una delle soluzioni più desiderate nelle abitazioni moderne.
L’idea di unire cucina, soggiorno e zona pranzo in un unico grande ambiente trasmette subito luminosità, senso di apertura e convivialità. Un concetto che richiama lo stile di vita contemporaneo, più informale e dinamico, in cui i confini tra le diverse funzioni della casa sembrano dissolversi.
Tuttavia, come accade per ogni tendenza abitativa, non mancano i lati meno evidenti che emergono solo con l’esperienza quotidiana. Quello che inizialmente può sembrare solo un vantaggio, a lungo andare può trasformarsi in una fonte di disagio o di compromesso. In realtà, dietro la scelta dell’open space ci sono aspetti pratici che meritano di essere valutati attentamente.
Comfort sensoriale e gestione di odori e rumori
Quando la cucina è integrata con il soggiorno, diventa quasi inevitabile che profumi, vapori e fumi si diffondano in tutta la casa. Cucinare pesce, soffriggere o grigliare non resta confinato ai fornelli: gli odori si mescolano nell’aria e finiscono per impregnare tende, divani, tappeti e tessuti. Non si tratta soltanto di una questione estetica, ma anche di benessere: un ambiente saturo di odori può essere poco piacevole e, in alcuni casi, persino problematico per chi soffre di allergie o ha una particolare sensibilità.
La qualità dell’aria, infatti, diventa uno degli aspetti più critici in un open space e non sempre basta una cappa potente per risolvere il problema. A complicare le cose c’è anche il rumore.

Cappe, lavastoviglie, robot da cucina o semplici frullatori non sono mai del tutto silenziosi. In una cucina separata, basta chiudere la porta per attutire i suoni; in un open space, invece, il rumore si somma a conversazioni, televisione o momenti di relax. Infine, per limitare questi disagi, spesso occorrono impianti di ventilazione o soluzioni acustiche costose, che non sempre rientrano nel budget di chi ristruttura.
Ordine visivo, privacy e impatto sul benessere quotidiano
La cucina open space porta con sé un grande limite: è sempre a vista. Non puoi nascondere il disordine della preparazione, le stoviglie accatastate o le pentole lasciate sui fornelli dopo i pasti. Se non ami vivere in un ambiente che sembri costantemente un set da esposizione, il rischio è quello di sentirti sotto pressione per riordinare di continuo.
L’effetto psicologico può sembrare minimo all’inizio, ma con il tempo diventa evidente: il disordine visivo, anche solo parziale, genera stress e toglie la sensazione di relax che il soggiorno dovrebbe offrire. La casa, invece di trasmettere comfort, rischia così di trasformarsi in uno spazio che chiede sempre attenzione e cura costante.
C’è poi il tema della privacy.
In un open space, ogni gesto è esposto: cucinare, telefonare, lavorare al computer o intrattenere gli ospiti avviene nello stesso ambiente, senza la possibilità di chiudere una porta per avere un momento più intimo.