La Madonnina non è solo una statua. Per chi vive a Milano è quasi una presenza, una certezza silenziosa che sta lì da sempre e che scandisce il profilo della città senza mai imporsi davvero. La guardi distrattamente quando esci dalla metropolitana o quando accompagni qualcuno in piazza Duomo, ma raramente ti fermi a pensarla come un oggetto reale, fatto di materiali, incastri, decisioni tecniche. È un simbolo così forte da sembrare intoccabile, quasi astratto, e invece nasce da un progetto molto concreto, studiato nei minimi dettagli, con soluzioni che oggi definiremmo sorprendenti.
Dal 1774 osserva Milano dall’alto della guglia maggiore, a più di 100 metri di altezza, ed è diventata un punto di riferimento urbano prima ancora che religioso. Ha ispirato proverbi, regole non scritte, persino leggi non ufficiali sull’altezza degli edifici. Per decenni nulla poteva superarla. Eppure, dietro quella figura dorata che brilla al sole e si accende al tramonto, si nasconde una struttura che racconta molto di più del semplice gesto scultoreo.
Il ventre segreto della Madonnina del Duomo di Milano
Prima di parlare di segreti, conviene fermarsi su ciò che la Madonnina è davvero, al di là delle fotografie e delle cartoline. Non è un blocco massiccio, né una statua piena come si potrebbe immaginare guardandola dal basso. È alta poco più di 4 metri, misura che sorprende sempre perché da terra sembra molto più imponente, e pesa circa 400 chili. Un peso che, per stare così in alto su una guglia gotica, deve essere gestito con intelligenza.
La Madonnina è realizzata in rame sbalzato, ricoperta da sottili foglie d’oro che le danno quella luminosità calda e riconoscibile. Sotto la superficie dorata non c’è un corpo pieno, ma un guscio. Le lastre metalliche sono rivettate tra loro e sorrette da una struttura interna che funziona come uno scheletro. Una statua piena sarebbe stata troppo pesante e rigida. Questa, invece, può reagire, assorbire, adattarsi.
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Nel corso dei secoli è stata restaurata più volte, l’ultima in modo particolarmente accurato nel 2015, quando la statua è stata smontata e studiata pezzo per pezzo.
La parte che affascina di più arriva quando si scopre che la Madonnina non è solo cava, ma anche accessibile. Dentro il Duomo esiste un sistema di scale, rampe e passaggi che portano fino alla guglia maggiore. Non è un percorso turistico, ma un tracciato tecnico, stretto e ripido, pensato per chi deve lavorare in quota.
Arrivati negli ultimi metri, si raggiunge un piccolo vano nascosto proprio sotto la base della statua. Da lì si accede all’interno della Madonnina. Sì, si può letteralmente entrare nel suo corpo. Il ventre della Madonnina ospita la struttura metallica centrale, i tiranti, gli ancoraggi che la collegano alla guglia e ne garantiscono la stabilità.
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Qui i tecnici controllano lo stato delle lamine, verificano le sollecitazioni del vento, individuano eventuali microfessure. Durante la Seconda Guerra Mondiale, questo accesso interno fu fondamentale per proteggere la statua. La Madonnina venne coperta e oscurata per evitare che riflettesse la luce e diventasse un bersaglio.
La cavità interna serve prima di tutto a ridurre il peso complessivo. Una guglia gotica può sostenere carichi verticali importanti, ma non masse compatte di metallo. Alleggerire la statua significa rispettare l’equilibrio dell’intera struttura.
Serve poi a gestire il vento. A quell’altezza, le correnti sono costanti e potenti. Una statua rigida rischierebbe di danneggiarsi. La Madonnina, invece, può oscillare in modo controllato, dissipando l’energia senza rompersi. È un principio ingegneristico che oggi diamo per scontato, ma che nel ‘700 era tutt’altro che banale.
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Infine, serve alla manutenzione. Avere un interno accessibile permette interventi mirati, continui, senza smontare tutto. È anche da lì che si osserva come la statua reagisce al clima, al freddo, al caldo, alle piogge. In un certo senso, il ventre della Madonnina è un punto di ascolto della città, un luogo dove Milano arriva sotto forma di vento e vibrazioni.
È forse questo il vero segreto nascosto nella guglia del Duomo. Non tanto il fatto che si possa entrare nella statua, quanto la consapevolezza che un simbolo così potente esista grazie a soluzioni invisibili, pensate per durare.






