Negli ultimi tempi si è parlato di una novità giuridica che ha attirato l’attenzione nel mondo condominiale.
La questione riguarda il compenso dell’amministratore e le condizioni in cui potrebbe non essere dovuto, aprendo nuovi scenari rispetto alle prassi consolidate. La decisione ha suscitato dibattiti e riflessioni tra condomini, professionisti e operatori del settore, evidenziando come alcune situazioni possano richiedere interpretazioni particolari delle regole ordinarie.
Questo caso mette in luce l’importanza della trasparenza, della correttezza procedurale e della definizione chiara dei ruoli e dei diritti all’interno della gestione condominiale. Al di là degli aspetti legali specifici, la vicenda richiama l’attenzione sulla necessità di comprendere le responsabilità, le possibili conseguenze e le prassi corrette da seguire quando si gestiscono rapporti complessi tra più proprietari.
Quando l’amministratore resta in carica “automaticamente” e perde il diritto al compenso
Secondo recenti orientamenti, quando l’amministratore continua a svolgere le proprie funzioni senza essere formalmente confermato dall’assemblea, non ha diritto a percepire il compenso per il periodo successivo a quello previsto dal mandato originario. Il principio si basa sull’idea che il rinnovo o la conferma devono essere espressamente deliberati dall’assemblea, e senza tale approvazione l’incarico prosegue solo in via provvisoria, con funzioni limitate e senza maturazione di nuovi onorari.
In giurisprudenza si è già sottolineato che un mandato non rinnovato non autorizza automaticamente il professionista a pretendere ulteriori somme, soprattutto se l’importo non era stato determinato chiaramente e la nomina manca di trasparenza. In pratica, l’amministratore può trovarsi in una posizione di fatto, con poteri ridotti e senza diritto a nuovi compensi.

Va inoltre considerato che ogni decisione dipende dai documenti disponibili, dai regolamenti condominiali e dalle modalità di convocazione dell’assemblea. Eccezioni possono esistere se il regolamento prevede la prosecuzione automatica del mandato o clausole specifiche di rinnovo tacito. Questo orientamento resta comunque circoscritto a casi particolari e non può essere applicato uniformemente a tutte le situazioni condominiali.
Regole ordinarie, rischi e consigli pratici per condomini e amministratori
Per comprendere l’eccezionalità della recente sentenza, è utile ricordare le regole ordinarie che disciplinano il mandato dell’amministratore condominiale. In base al codice civile, il mandato è presumibilmente oneroso, salvo diversa deliberazione, e richiede la ratifica dell’assemblea con l’indicazione del compenso. La nomina, il rinnovo e l’approvazione del compenso passano attraverso delibere valide e approvate secondo le maggioranze previste dalla legge, e il mancato rispetto di queste procedure può dare luogo a contestazioni o nullità.
La trasparenza nella quantificazione del compenso è fondamentale: la Cassazione ha sottolineato che l’importo deve essere chiaramente specificato nel verbale, pena la riduzione o l’invalidità della parte relativa. Affidarsi a proroghe tacite non è privo di rischi, perché alcuni regolamenti condominiali escludono esplicitamente la prosecuzione automatica del mandato.
Per i condomini, il consiglio è vigilare sulla corretta convocazione delle assemblee e sulla chiarezza dei verbali per evitare contenziosi. Per gli amministratori, è essenziale ottenere sempre una deliberazione formale sul rinnovo e sul compenso, e, se necessario, richiedere un parere legale o una conferma retroattiva per operare in piena sicurezza.