Ignorare i pagamenti dei condomini morosi può costare caro. A stabilirlo è una recente decisione del Tribunale di Nocera Inferiore, che segna un passaggio chiave nel rapporto tra condomini, morosità e responsabilità dell’amministratore.
La sentenza stabilisce che l’amministratore che non agisce contro i morosi non solo può essere revocato, ma può essere condannato a risarcire i danni causati dalla sua inattività.
Il principio, sancito con la sentenza n. 1975/2025, ribalta lo scenario abituale in cui chi non paga mette in difficoltà chi invece è puntuale. Non agire contro i morosi è una violazione del mandato ricevuto dai condomini: un comportamento che non è più solo censurabile dal punto di vista etico, ma che comporta conseguenze patrimoniali dirette per l’amministratore inerte.
Silenzio sul condomino moroso: il danno prodotto dall’amministratore
Nel caso specifico, un amministratore uscente aveva omesso per anni qualsiasi tentativo di recupero crediti, non inviando nemmeno i solleciti più elementari. Il nuovo amministratore, nominato al suo posto, non si è limitato ad agire contro i morosi: ha citato in giudizio il predecessore, chiedendone la condanna al risarcimento del danno economico subito dal condominio.

Il tribunale ha dato pienamente ragione al nuovo rappresentante. Ha infatti ritenuto che l’amministratore, in quanto mandatario (art. 1710 c.c.), debba eseguire il suo incarico con la diligenza del buon professionista. Il recupero delle quote non pagate rientra tra le sue funzioni principali, e la sua omissione rappresenta un inadempimento contrattuale a tutti gli effetti.
Il danno riconosciuto non è teorico. Si parla di maggiori costi bancari, perdita di possibilità di recupero in tempi utili e spese legali aggiuntive che il condominio ha dovuto affrontare a causa dell’inerzia. In altre parole, il ritardo nel far rispettare le regole ha generato un danno economico concreto e misurabile.
L’amministratore uscente ha provato a giustificarsi sostenendo che agire avrebbe rovinato il clima di vicinato. Il tribunale ha rigettato la tesi: la gestione condominiale non è un fatto personale, ma un’attività professionale soggetta a obblighi precisi, tra cui la tutela dei condomini che rispettano le scadenze.
Questa decisione si inserisce in una tendenza giurisprudenziale sempre più rigorosa verso l’inerzia degli amministratori condominiali. Se in passato la conseguenza era solo la revoca, oggi si aggiunge anche l’obbligo di risarcire se il danno è dimostrabile.
L’amministratore non può restare immobile per anni e poi passare il problema al successore. Se da questa passività deriva un danno economico, sarà chiamato a risponderne personalmente.