La casa è il punto fermo della nostra quotidianità. Che sia grande o piccina, di proprietà o in affitto, quella di famiglia o dimora di passaggio, racconta sempre qualcosa di noi. In inglese il concetto è poetico, Home. Se house è l’edificio, flat è l’appartamento, Home, invece, è tutt’altra faccenda: è lo stato d’animo.
È il posto in cui torniamo dopo una giornata lunga lavorativa, dove conserviamo ciò che per noi conta davvero, cose materiali e non, dove ci sono le persone a noi care e i cari animali di compagnia. È un luogo protetto, personalizzato e personalizzabile. E per far sì che la casa diventi davvero un luogo dell’anima, dobbiamo riversare dentro di lei il coraggio estetico. Esempi pratici di coraggio estetico?
Scegliere una poltrona color senape in un salotto neutro, appendere un quadro enorme che non matcha con nulla, scegliere una lampada scultorea che sembra un’opera d’arte. Il coraggio estetico è questo: prendere una decisione audace e non chiedere permesso al beige, è il coraggio di parlare di noi stessi.
Lo chiamano decluttering, il processo di eliminare oggetti superflui e inutili da uno spazio (casa o ufficio) per creare un ambiente più organizzato, funzionale e sereno. Facciamolo con criterio. Una casa pulita, ordinata e ben organizzata è il set perfetto per qualunque nuovo capitolo, è una cortesia per una mente pulita e ben organizzata.
Cominciamo da qui: scartoffie accatastate sulla scrivania, piatti spaiati o con micro-crepe accatastati nella credenza, prodotti di bellezza e igiene scaduti o mai utilizzati. Tutto questo occupa spazio mentale, non solo fisico. E non è affatto detto che dobbiamo buttare via le cose.
Gli oggetti che per ora ci hanno stancato la vista possono tranquillamente prendere una pausa: nell’hotel delle cose, soluzione a pagamento ma efficace (lontano dagli occhi, lontano dall’ansia), nella cantina dai nostri genitori (luogo sacro dove ogni oggetto sopravvive per almeno altri 50 anni), o, perché no, nelle mani di qualcuno che li userà meglio di noi (viva la solidarietà e il riciclo).
Il decluttering non è disfarsi delle cose: è un atto d’amore verso il nuovo spazio che vogliamo vivere e riarredare.
Perché sia davvero home, uno spazio deve accoglierci. E questo avviene quando lo vestiamo con la nostra visione creativa. Innoviamola dunque per questo 2026. Il nostro stile personale, quello autentico, non quello da copertina (bello ma irraggiungibile) è la guida migliore. Il minimalismo arriva con il suo ordine e i pochi fronzoli, recepito.
Chi ci impedisce però di introdurre, in maniera elegante e graduale nuove texture, trame e colori (anche audaci), magari in versione color block. Il muro spoglio dietro al divano? Potrebbe ospitare….un arazzo. L’idea richiama più un appartamento papale in età barocca che un living del 2026. Ed è proprio per questo che funziona.
Pensate alla scena: non un quadro visto e rivisto, non un poster che ha lo stesso DNA grafico di altri milioni di salotti italiani. Un tappeto, a coprire l’intera parete, come si faceva à l’ancienne manière, ma in versione reinterpretata: audace e dichiaratamente contemporanea. Basterebbe solo quello per cambiare volto al salone.
Ed è quello che definirei arredare con un solo gesto. Le case del 2026 non chiedono più di essere perfette, chiedono di essere memorabili. Un elemento forte, scelto bene, vale più di venti oggetti comprati per riempire.
Se le nostre origini fossero la vera forma di originalità? Bello e rassicurante lo stile scandinavo: minimal, luminoso, morbido e versatile. Va per la maggiore ovunque, è disponibile ovunque. Ma la domanda è: ci rappresenta davvero?
Ecco l’alternativa: una casa che parla di noi nel senso più letterale: vasi siciliani giganteschi e coloratissimi, assi di legno del Trentino usate come mensole, tappeti sardi grezzi e meravigliosi, lampadari veneziani in vetro di Murano.
Le nostre tradizioni diventano scenografia, estetica e messaggio. Casa è casa anche quando siamo lontani: parla di noi attraverso gli oggetti che raccontano il nostro territorio, la nostra storia, i luoghi che conosciamo davvero. I luoghi che ci hanno plasmato. Anche se il lavoro ci ha trascinati dalla soleggiata Bari nella laboriosa Milano possiamo mettere in valigia i dettagli che sanno di casa ovunque.
Le mie origini rumene mi hanno ispirata e ultimamente mi hanno fatta appassionare alle trame rivisitate in chiave moderna. Colori primari che s’intrecciano, tessuti grezzi che respirano, pareti vive, in rilievo, legno intagliato che sa di fatica e artigianalità. Motivi tradizionali rumeni che proporrò nel 2026:
Alla fine, dopo colori audaci, tradizioni ritrovate, decluttering terapeutici e nuovi gesti estetici resta una sola certezza: una casa non è mai solo una casa. È ciò che ci accoglie, ci racconta e, a volte, ci cura. Home è quella sensazione precisa che proviamo quando chiudiamo la porta alle nostre spalle: un alleggerimento invisibile, un “finalmente” sussurrato. Home è il profumo che riconosciamo a occhi chiusi, la coperta calda, la luce giusta.
Home è il luogo in cui possiamo essere davvero come siamo, senza filtri, senza performance. Ecco perché il 2026 dovrebbe iniziare così: con l’impegno gentile di rendere la nostra casa uno spazio che ci assomigli davvero.
Non perfetta, non instagrammabile, non allineata all’ultima tendenza virale. Una casa che racconta la nostra storia, le nostre origini, che evolve con noi, che cambia come cambiamo noi, che accoglie i nostri ritorni e i nostri nuovi inizi.
Perché lo stile, quello autentico, non nasce dalle cose che compriamo, ma da quelle che scegliamo di tenere. La verità è questa: una casa bella è piacevole a vedersi, qualsiasi sia lo stile scelto.
Nulla di tutto questo è possibile senza vestirla delle nostre esperienze. E se il 2026 deve portarci qualcosa, che sia proprio questo: il coraggio di abitare una casa che ci assomiglia, che ci rappresenta, che abbia il nostro stile (etnico, regionale, colorato ma sempre personale).