Quando vado da IKEA spendo un patrimonio: solo ora ho capito di commettere questi 7 errori che fanno tutti

Si entra da Ikea con tutte le buone intenzioni di essere assolutamente consapevoli di quello che si sta per fare, ma il più delle volte, mentiamo anche a noi stessi. Questi 7 errori, li commettiamo tutti.

Andare da Ikea è quasi un rituale, specie nelle giornate di pioggia quando non si può stare all’aperto, ma non è sempre un’ottima idea. Non perchè non sia un bel posto, ma perchè spesso si fanno scelte sbagliate di cui ci si pente subito. Peggio di quel vestito rosso buttato nell’armadio!

La tipica frase che dicono tutti “entro per una candela ed esco con il carrello pieno” è l’assoluta verità quando si tratta di Ikea, il luogo dove i sogni prendono vita ma i soldi dentro il portamonete svaniscono. Quando ci si accinge a trascorrere una domenica pomeriggio dentro questo luogo a tratti paradisiaco (ed io lo faccio una volta al mese), si usa sempre la scusa “vado a prendere ispirazione”, “mi servono poche cose”, ma si sa perfettamente come andrà a finire. Ecco allora, per evitare l’epilogo sopra citato e piangere sopra soldi persi che non abbiamo, impariamo a non commettere sempre gli stessi errori.

Quella che sto per insegnarvi, è una lezione di vita che serve più a me che a voi in verità.

7 errori che commettono tutti quando entrano da ikea

Ho iniziato a osservarmi e a osservare anche gli altri mentre girano tra divani, lampade e scaffali infiniti. Ho capito che ci sono almeno 7 errori che commettiamo tutti, anche quelli che dicono di no. Non rovinano certo la giornata, ma fanno spendere di più, scegliere peggio e tornare a casa con cose che non servono davvero.

ragazza che misura un mobile
designmag.it -7 errori che commettono tutti quando entrano da ikea

Forse la parte più interessante è arrivata proprio dopo quella presa di coscienza. Quando ho smesso di giustificare i miei “giri da IKEA” come semplici passatempi e ho iniziato a chiedermi perché finissi sempre per commettere gli stessi sbagli. All’inizio pensavo fosse solo la stanchezza o il potere delle luci calde e delle stanze perfettamente arredate. Poi ho capito che era qualcosa di più sottile: un insieme di automatismi, di piccoli gesti inconsapevoli che trasformano una semplice visita in una piccola trappola di consumo e autoindulgenza.

Ci si entra senza un obiettivo preciso, quasi per respirare quell’aria sospesa tra ordine e possibilità, e subito ci si lascia guidare dal percorso obbligato, convinti che l’ispirazione arriverà da sola. Si osservano le stanze campione come se fossero istruzioni di vita, dimenticando che ciò che funziona lì dentro, sotto quella luce perfetta e su quei metri quadrati calibrati, non sempre ha lo stesso effetto a casa nostra. È un’illusione di proporzione, una scenografia ben costruita: ed è proprio in quel momento che l’errore prende forma.

C’è un momento, poi, in cui l’occhio crede di saperla lunga e rinuncia al rigore del metro. È il gesto che ho trascurato più spesso: misurare due volte, misurare tutto, misurare bene. La porta d’ingresso, il vano dell’ascensore, l’angolo tra battiscopa e termosifone, l’apertura di un’anta rispetto a un pilastro. Senza quel controllo, il mobile che sembrava “perfetto” rimane perfetto solo nello showroom.

Ecco quando la situazione peggiora…

A peggiorare le cose c’è la fiducia, quasi cieca, nel prezzo. Ci lasciamo attrarre dall’etichetta più bassa, come se il risparmio fosse un valore di per sé, senza chiederci cosa si nasconda dietro quella differenza di dieci euro. Così ci ritroviamo con una sedia che scricchiola o una mensola che sembra già aver vissuto troppo. La verità è che non leggiamo le etichette, o meglio, non le guardiamo davvero: non vediamo il materiale, lo spessore, la durata promessa.

ragazza con carrello da ikea
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Anche il tempo, dentro IKEA, si deforma. Ci convinciamo che basti un’ora, poi ci ritroviamo due ore dopo a scegliere tra due vasi identici, come se la nostra identità passasse da lì. Nessuno esce nei tempi previsti, eppure ogni volta ci caschiamo. È la calma apparente che ci frega, quella sensazione di controllo che in realtà ci fa perdere completamente il senso della misura.

Ci sono poi i dettagli più sottili: come ignorare il reparto delle occasioni, credendo che sia un deposito di scarti, quando invece è spesso la parte più interessante, quella dove si nascondono i pezzi veri, con una storia alle spalle. O come tornare a casa con qualcosa che, una volta sistemato, non si abbina a nulla: troppo bianco, troppo squadrato, troppo “ikeiano”. Lì capisci che la vera difficoltà non è comprare, ma immaginare. Immaginare la tua casa, la tua luce, la tua vita, dentro quell’oggetto.

Oggi entro da IKEA con un’attenzione diversa. Non per comprare meno, ma per scegliere meglio. Per ricordarmi che l’ispirazione non sta nel numero di candele o nella perfezione di una stanza campione, ma nella capacità di riconoscere ciò che davvero ci somiglia. Il resto come vasi, plaid e tappeti che non servono, può aspettare. Anche se, lo ammetto, a volte uno finisce comunque nel carrello.

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