Ci sono oggetti che sembrano insignificanti finché non li guardi con occhi diversi. Io me ne sono accorta un giorno qualunque, mentre smontavo una vecchia cassettiera. Era lì, stanca, malandata, pronta per essere lasciata in cortile accanto ai cartoni. Ma qualcosa mi ha fatto rallentare. Le maniglie. Non erano preziose, né antiche, ma avevano quel fascino silenzioso delle cose che hanno vissuto. Le ho staccate quasi per istinto, le ho tenute da parte senza sapere bene perché.
Per anni ho guardato le maniglie solo come componenti tecnici, cose da sostituire quando rovinate. In realtà, sono micro-oggetti pieni di potenziale visivo. Funzionali, certo, ma anche decorativi. Il bello è che, proprio perché nessuno ci fa caso, riescono a sorprendere. E a rendere personale uno spazio piccolo, magari anonimo. C’è qualcosa di creativo e un po’ ribelle nel ridare valore a qualcosa che era destinato a sparire. Si tratta di attenzione per i pezzi di passaggio, quelli che sfuggono ai progetti troppo pensati e ai cataloghi troppo uniformi.
Il potenziale nascosto delle maniglie da recupero
Le ho tenute in una scatola per qualche settimana, quelle prime quattro maniglie. Due in ceramica, una in ottone leggermente ossidato, l’ultima in vetro, con qualche graffio qua e là. Non sembravano nemmeno dello stesso mobile, ed è proprio questo che mi ha fatto capire quanto potessero funzionare insieme. Oggetti diversi, stili diversi, ma un linguaggio comune. Bastava solo metterli nel contesto giusto. Così è cominciato il gioco.
Il primo esperimento è stato in camera. Avevo un piccolo angolo beauty che sembrava sempre disordinato, collane ammucchiate, orecchini lasciati dentro tazze. Ho fissato tre maniglie su un pannello rivestito con un avanzo di carta da parati. In dieci minuti avevo un porta bijoux elegante, ma senza sforzo. La cosa sorprendente è che, proprio perché erano maniglie, sembrava tutto più naturale, meno costruito. Non è un oggetto che si compra, e si vede.

Poi è arrivata l’idea dell’ingresso, di solito spazio minimo, sempre incasinato. Ho recuperato un asse di legno chiaro da una vecchia mensola e ci ho avvitato quattro pomelli colorati in linea orizzontale. Chiavi, borse leggere, mascherine, occhiali. Tutto ha trovato il suo posto. Non sembrava nemmeno un oggetto fai-da-te, aveva un’aria grafica, quasi da negozio. E soprattutto, era utile. Perché sì, l’estetica è importante, ma se un oggetto non funziona, finisce in un cassetto dopo due settimane.
La svolta vera però è arrivata quando ho iniziato a usare le maniglie come elementi decorativi a parete, non per appendere, ma solo per creare ritmo. Tre pomelli di altezze diverse su una colonna stretta del soggiorno. Da quel momento ho iniziato a guardarli come piccole sculture. A volte li dipingo, tutti dello stesso colore per creare unità. Oro opaco, nero lucido, bianco gesso. Dipende dalla stanza, dall’umore. A volte li lascio così, con i segni del tempo. Funziona in entrambi i casi, dipende da quello che vuoi raccontare.

Le maniglie sono facili da trovare. Se non le hai già in casa, basta un giro al mercato dell’usato. Ci sono cassettiere rotte che nessuno guarda, ma piene di pomelli interessanti. Alcuni sono pezzi unici, altri vengono via per due euro. Su Etsy se ne trovano di artigianali, disegnati come piccole opere d’arte. Anche le grandi catene ne hanno, ma lì il trucco è saper mischiare. Un pezzo nuovo accanto a uno vecchio crea equilibrio. Se vuoi un effetto più coeso, li dipingi. Se vuoi uno più spontaneo, li lasci diversi.
Fissarli è semplice. Se hai un pannello o un pezzo di legno, bastano viti corte e un trapano. Sul muro è meglio usare i tasselli, ma anche lì, niente di complicato. Io ho sperimentato anche con la colla strutturale su superfici dove non potevo forare. Regge tutto, basta scegliere quella giusta. E il bello è che puoi decidere l’altezza, la distanza, la disposizione.
Negli spazi piccoli funzionano benissimo. Dietro una porta, vicino allo specchio, sopra la testata del letto. Ogni volta che ne fisso uno, ho l’impressione di aggiungere un accento. E la cosa buffa è che la gente se ne accorge. Ti chiedono dove l’hai preso, che marca è, e quando dici che era una maniglia di recupero, c’è sempre quel secondo di sorpresa.