L’errore più comune nell’arredare: il mobile di troppo rovina tutto. Ecco qual è - designmag.it
Mi sono accorta di una cosa solo dopo anni passati a spostare mobili, comprare nuovi complementi e cercare di dare carattere agli ambienti di casa. Ogni volta pensavo che aggiungendo un pezzo in più la stanza sarebbe sembrata più “piena”, più completa, quasi più vissuta. Invece succedeva il contrario: più riempivo, più tutto sembrava piccolo, disordinato e stancante da guardare. È curioso come basti un mobile in più, quello messo per riempire un angolo o bilanciare un vuoto, per rovinare la leggerezza di una stanza. Non è solo una questione estetica, ma psicologica. Gli occhi si affaticano, la mente non trova un punto di riposo, e lo spazio, anche se grande, si chiude su se stesso.
A un certo punto ho deciso di capire cosa non funzionasse davvero. Non era la disposizione, non erano i colori. Era un solo elemento, quello che non serviva ma occupava spazio fisico e mentale. Quel mobile “di troppo” che non noti subito, ma che toglie luce, rompe la prospettiva e sbilancia tutto. Da quando l’ho tolto, il salotto sembra più grande, la camera più calma e perfino l’ingresso più accogliente. E ho capito che l’arredo non è questione di aggiungere, ma di lasciare respirare. È lì che inizia la vera armonia.
Un mobile ingombrante, troppo alto o profondo, interrompe la continuità visiva e altera la percezione della luce. È come se l’aria avesse meno spazio per circolare. Succede con i mobili TV troppo grandi, le cassettiere accanto agli armadi o le credenze doppie nelle cucine piccole. Li metti per praticità, ma alla fine fanno più danno che servizio. Un oggetto può essere bello, ma se non è proporzionato o collocato nel punto giusto, perde tutto il suo potenziale. È la differenza tra una casa piena e una casa pensata.
Quando mi sono resa conto che bastava togliere, non aggiungere, ho iniziato a guardare ogni stanza con occhi nuovi. C’era quel mobile TV scuro che rubava luce, la cassettiera in camera che duplicava un volume già presente, la panca all’ingresso che nessuno usava ma che bloccava la vista verso il corridoio. Eliminandoli, non ho perso nulla, anzi: ho guadagnato spazio visivo. L’aria sembrava muoversi diversamente, e perfino i colori apparivano più chiari.
Liberarsi del superfluo non significa rinunciare alla funzionalità. Spesso basta scegliere arredi più sottili, sospesi o trasparenti. Mobili che contengono ma non appesantiscono, che lasciano vedere il pavimento o riflettono la luce. È un cambio di prospettiva più che di stile. Passare da una credenza a un piano sospeso o da una cassettiera chiusa a una consolle a giorno trasforma la stanza senza stravolgerla. Persino i colori aiutano: un mobile tono su tono con la parete si “scioglie” visivamente, lasciando che lo spazio appaia più ordinato.
Alla fine, tutto si riduce a un equilibrio mentale. Quando togli ciò che non serve, il cervello si rilassa. Gli occhi trovano una direzione, la mente si alleggerisce. È come quando riordini un cassetto: il sollievo che provi non è per il mobile in sé, ma per la chiarezza che restituisce. Ecco perché il vero lusso oggi non è avere tanto, ma avere il giusto. Pochi elementi, ben proporzionati, scelti per dialogare tra loro.
Non serve essere interior designer per capirlo. Basta fermarsi a guardare la stanza con onestà, chiedendosi se quel mobile è davvero utile o solo abitudine. A volte basta spostarlo o toglierlo per sentire subito la differenza. La casa sembra respirare, la luce scorre meglio e anche noi, in qualche modo, ci sentiamo più leggeri.