Nel mio armadio, in fondo a una mensola che apro solo quando cambio stagione, c’era una vecchia tovaglia ricamata di mia nonna. Di quelle che usava solo a Natale, con il bordo lavorato e i piccoli fiori color burro cuciti a mano. Era lì da anni, piegata con cura ma fuori posto, perché non la usavo mai. Non mi decidevo a darla via, eppure non trovavo neanche un motivo per tenerla. Finché, una sera di pioggia, ho guardato quella lampada spoglia accanto al letto e ho pensato: basta comprare oggetti nuovi, quella luce merita qualcosa che abbia una storia.
Il progetto è nato così, un po’ per caso, un po’ per necessità. Ma anche per una voglia sempre più forte di circondarmi di cose che abbiano un senso personale. Ho recuperato la struttura di un paralume vecchio, rimasto in garage, ho tirato fuori ago, filo e nastro adesivo e ho cominciato a immaginare come potesse stare quel tessuto in un ruolo nuovo. Non avevo mai pensato a quanto il ricamo potesse dialogare bene con la luce. Il risultato è qualcosa che non avevo previsto: non solo il comodino ha cambiato aspetto, ma tutta la stanza è diventata più morbida, più intima. Adesso chi entra lo nota subito, e io ogni sera spengo il resto delle luci per tenere solo quella.
Il paralume fai-da-te che unisce artigianato e memoria
Ho iniziato recuperando la struttura in metallo, eliminando con cura il vecchio rivestimento. Alcune parti erano arrugginite ma stabili, perfette per sostenere il nuovo tessuto. La tovaglia, una volta stesa sul tavolo, mi sembrava quasi troppo preziosa per essere tagliata. Ma ho deciso di rispettare i bordi, tenere intatta la parte centrale e lavorare solo su un lato, quello più decorato. Ritagliato il tessuto, ho iniziato a cucirlo direttamente alla struttura, aiutandomi con dei punti leggeri e un po’ di nastro adesivo nei punti critici.

Durante la lavorazione ho aggiunto solo un piccolo bordo in lino grezzo, cucito a mano, per unire i due lembi posteriori. Le cuciture non sono perfette, ma non devono esserlo. In questa trasformazione non cercavo simmetria, ma carattere. Ed è proprio questo che colpisce chi lo vede: l’oggetto non è perfetto, ma ha una presenza forte, autentica, che si distingue in mezzo a tutto ciò che è stato comprato già fatto.
La luce che ne esce è sorprendentemente calda. I ricami, quando la lampadina è accesa, diventano quasi delle ombre disegnate, cambiano forma secondo l’ora e la posizione da cui li guardi. Sembra di avere una lampada diversa ogni volta che rientro in stanza. E in un angolo arredato con toni neutri, legno chiaro e lenzuola leggere, questo paralume diventa un punto focale senza mai essere invadente.
Da quando l’ho fatto, mi sono messa a cercare altre stoffe dimenticate nei cassetti. Ho trovato centrini, teli, piccoli pizzi fatti a mano che nessuno usa più. Ogni pezzo può avere una seconda vita, è anche un modo per ridare valore a ciò che abbiamo già. E se poi qualcuno entra in camera, si ferma e chiede dove l’ho comprato, posso rispondere con un sorriso: non si compra, si fa. E ognuno può farlo a modo suo, con quello che ha già in casa, raccontando in questo modo la sua storia. Magari proprio in quel cassetto dove non guarda mai.