Per anni è stata una presenza fissa, quasi invisibile ma inevitabile. Arrivava puntuale, senza fare rumore, e se ne andava lasciando dietro di sé una sensazione comune a molti: “Pago troppo”.
Ora però qualcosa sta per cambiare. E non tutti sono sicuri che sarà un bene.

C’è una nuova sigla che inizia a circolare nei corridoi dei Comuni, nelle delibere e nei piani futuri. All’inizio sembra una semplice riorganizzazione tecnica. In realtà, potrebbe incidere direttamente sulle nostre abitudini quotidiane.
E no, non riguarda bollette di luce o gas.
Una tassa che tutti conoscono (e pochi amano)
Ogni anno le famiglie italiane fanno i conti con un elenco sempre più lungo di imposte: Irpef, IVA, contributi, IMU. Tra queste ce n’è una che genera da tempo polemiche e malumori: quella legata ai rifiuti.
Il motivo?
Non tiene conto di quanto realmente produciamo.
Dipende dalla superficie della casa, dal numero di residenti e perfino dall’efficienza del Comune.
In alcune città costa molto di più che in altre, anche a parità di comportamento.
Da anni si parla di un’alternativa più “giusta”. Ma lo è davvero?
Qualcosa sta per sostituirla (e pochi se ne sono accorti)
Dal 2026, in alcuni territori italiani, il sistema attuale potrebbe andare in pensione. Al suo posto arriverà un nuovo meccanismo che promette equità, ma che nasconde anche più di un rischio.
Una tassa diversa, più mirata.
Una tassa che non guarda più solo alla casa, ma a ciò che buttiamo via.
Ed è qui che la storia cambia davvero.
La svolta: pagheremo in base ai sacchetti di rifiuti
Il nome è TCP – Tassa puntuale sui rifiuti.
Ed è esattamente ciò che sembra: si paga in base a quanto si produce, in particolare per i rifiuti indifferenziati, quelli più costosi da smaltire.
Come funziona la TCP
Il nuovo sistema si basa su tre elementi chiave:
- Dimensione dell’immobile
- Numero di componenti del nucleo familiare
- Quantità di rifiuti indifferenziati conferiti
In base ai primi due fattori, ogni famiglia riceverà una soglia annua massima di sacchetti. Superata quella soglia, scatterà il conto.
Quanti sacchetti possiamo usare prima di pagare di più?
Ecco alcuni esempi concreti:
- Single: massimo 26 sacchetti all’anno
- Famiglie numerose (6 o più persone): fino a 52 sacchetti annui
Ogni sacchetto in più costruirà un sovrapprezzo, che verrà poi addebitato l’anno successivo sotto forma di conguaglio.

In pratica:
meno differenzi, più paghi.
Dove partirà il nuovo sistema
Per ora la TCP non sarà nazionale. Dal 2026 entrerà in vigore in alcuni Comuni dell’area di Bologna, tra cui:
- Zola Predosa
- Sasso Marconi
Ma molti osservatori sono convinti che si tratti solo di un progetto pilota destinato ad allargarsi.
È davvero un vantaggio per i cittadini?
Sulla carta sì: chi produce meno rifiuti dovrebbe pagare meno.
Nella pratica, però, restano molti dubbi:
- Cosa succede alle famiglie con bambini o anziani?
- Il numero di sacchetti assegnato sarà davvero sufficiente?
- Rischiamo bollette più salate invece che risparmi?
Una cosa è certa: la gestione dei rifiuti non sarà più un dettaglio invisibile, ma un’abitudine che inciderà direttamente sul portafoglio.
E questa volta, ogni sacchetto conterà davvero.





