Quando si è proprietari di una casa e si hanno dei figli, il pensiero per molti va a come gestirne la futura eredità, cercando di fare le scelte più adatte e convenienti per tutti.
A questo proposito, come spiega il sito laleggepertutti, in molti ricorrono alla cosiddetta donazione immobiliare con riserva di usufrutto, una soluzione che permette a un genitore di trasferire la proprietà di una casa ai figli, pur conservando il diritto di abitarla o affittarla per tutta la vita. Questa operazione, apparentemente semplice, nasconde però una serie di implicazioni che è bene conoscere a fondo.
Donazione con riserva di usufrutto, come funziona
La donazione con riserva di usufrutto è un contratto attraverso il quale una persona, il donante (ad esempio, un genitore), trasferisce gratuitamente a un’altra, il donatario (il figlio), la proprietà di un bene, generalmente un immobile. La particolarità sta nel fatto che il trasferimento non riguarda la “piena proprietà”, ma la sola “nuda proprietà“.

Il donante infatti, con questa scelta riserva per sé il diritto di usufrutto, ovvero il diritto di utilizzare il bene e di trarne ogni frutto (come abitarci o incassare i canoni di un affitto) per tutta la durata della sua vita.
Il figlio, in qualità di nudo proprietario, non potrà a sua volta utilizzare l’immobile fino alla morte del genitore-usufruttuario; solo in quel momento l’usufrutto si estingue automaticamente e il figlio diventa pieno proprietario del bene, senza necessità di ulteriori atti o tasse di successione. In parole semplici, si tratta di anticipare la successione, garantendo al contempo al donante la sicurezza di poter continuare a godere del proprio bene.
Ma in molti si chiedono se la donazione di un immobile con riserva di usufrutto ai figli sia conveniente dal punto di vista fiscale. Come spiegano gli esperti, per le donazioni tra genitori e figli, la legge prevede una franchigia molto elevata, pari a 1.000.000 di euro per ciascun figlio. L’imposta, con un’aliquota del 4%, si paga solo sulla parte di valore che eccede tale franchigia.
Il valore dell’usufrutto per calcolare le tasse diminuisce man mano che il donante invecchia, mentre le tasse sulla casa come l’IMU sono pagate da chi ne gode, cioè l’usufruttuario. Se si riserva l’usufrutto per sé e poi per un’altra persona, per esempio il coniuge, dopo la propria morte, la legge vede due donazioni separate: la donazione ai figli è tassata subito, mentre quella al coniuge è tassata solo se quest’ultimo sopravvive.
Secondo gli esperti, è importante proteggere la “quota di legittima” degli altri eredi (coniuge, altri figli), poiché se la donazione la danneggia, gli eredi possono richiedere una compensazione. Per questo calcolo, il valore della casa donata non è quello iniziale, ma il valore intero al momento della morte del donante. Se l’usufrutto dato a un terzo è troppo grande, è possibile scegliere per l’erede se accettarlo o avere la sua parte di eredità libera da vincoli.
In caso invece si cambiasse idea a riguardo, è importante sapere che la donazione è difficile da annullare, salvo casi gravissimi come l’ingratitudine (es. gravi offese) o la nascita di un nuovo figlio.






