Una sentenza del Consiglio di Stato mostra agli italiani un’amara verità. Il Decreto Salva Casa di Matteo Salvini non è un condono e di conseguenza tanti interventi rimangono fuori dalla sanatoria. Significa che tanti proprietari dovranno demolire un’opera abusiva e ricordiamo che la demolizione non va in prescrizione.
La sentenza che i cittadini avrebbero voluto non sentire è quella del Consiglio di Stato, sezione VII numero 4382 del 21 maggio 2025. Riguarda la demolizione obbligatoria per gli abusi edilizi. In caso di nuova costruzione senza permesso non sono sufficienti sanatoria o multa, c’è una distinzione rilevante tra ristrutturazione edilizia e nuova costruzione. Per chiarire la questione meglio approfondire la vicenda oggetto di pronuncia.
Nel 2014 il Comune di Roma ha scoperto in seguito a controlli che alcune opere edilizie non avevano alcuna autorizzazione alla costruzione. Tali opere rientravano nella nuova costruzione perché determinavano un aumento volumetrico significativo rispetto al volume originario dell’edificio. Il Comune ha dunque emesso un ordine di demolizione ma il proprietario si è opposto sostenendo che l’intervento altro non era che una semplice ristrutturazione.
La sentenza non salva le case degli italiani
Dopo anni il caso è arrivato al Consiglio di Stato che ha sentenziato la legittimità della richiesta di demolizione. Se l’intervento edilizio comporta un ampliamento del volume superiore al 20% allora si deve considerare nuova costruzione. Mancando il permesso di costruire la conseguenza diretta è la demolizione dell’opera abusiva. La SCIA non è sufficiente per evitare l’abbattimento né può bastare una sanzione amministrativa.

Una violazione così rilevante non può essere risolta con una somma di denaro in sostituzione della demolizione per difformità minori (articolo 37 del DPR 380/2001). Questa non è una difformità minore e quindi l’unica strada percorribile è l’abbattimento. C’è di più, la sentenza ha sottolineato come per le opere chiaramente non sanabili il Comune non deve dare una risposta formale, il silenzio equivale ad un “no”, ad un diniego tacito.
Per quanto riguarda il Decreto Salva Casa, invocato dal cittadino per salvare l’opera abusiva, il Consiglio di Stato ha ribadito che in primis la disciplina non è retroattiva e secondo il Decreto riguarda solo lievi irregolarità, piccoli scostamenti progettuali ed errori formali, non un cambio volumetrico superiore al 20%. Infine un’ulteriore puntualizzazione sull’impossibilità di trasformare la demolizione in multa. Questo è possibile solo se l’abbattimento metterebbe a rischio la stabilità della parte regolare dell’edificio. Non presentando prove a sostegno di questa tesi il cittadino dovrà demolire l’opera abusiva senza alcuna deroga.