Nel condominio la figura dell’amministratore è di grande importanza, poiché si occupa della gestione delle parti comuni, del coordinamento dei servizi e del mantenimento dell’ordine economico e amministrativo.
Tuttavia, non sempre il suo ruolo garantisce automaticamente il diritto a un compenso, soprattutto quando mancano determinate condizioni di trasparenza e regolarità. Recentemente, è emerso un principio significativo: la retribuzione dell’amministratore deve essere strettamente legata alla corretta approvazione della gestione da parte dei condomini.
In caso contrario, l’eventuale compenso percepito potrebbe essere messo in discussione. Questa posizione solleva interrogativi sulla responsabilità, sulla fiducia e sulla necessità di una gestione più attenta e condivisa. Il tema tocca questioni delicate come la rendicontazione, il controllo delle spese e il rispetto delle procedure decisionali condominiali.
Il principio della liquidità del compenso
Senza l’approvazione dell’assemblea, il compenso dell’amministratore non può essere considerato né certo né esigibile. La recente decisione della Corte d’Appello di Napoli ha ribadito un concetto fondamentale: l’amministratore di condominio non ha diritto automatico al pagamento del proprio compenso solo perché ha svolto l’incarico.
Questo diritto nasce esclusivamente dopo che l’assemblea condominiale approva il rendiconto annuale, che deve includere in modo chiaro anche il compenso professionale. Nel caso esaminato, l’amministratore aveva già percepito somme a titolo di onorario, ma non essendo mai stato approvato il bilancio, tali importi sono stati considerati indebitamente percepiti e, pertanto, da restituire.

La sentenza sottolinea che la trasparenza è il presupposto essenziale per la legittimità dei compensi condominiali. In sostanza, finché il rendiconto non viene validato dai condomini, l’amministratore non può vantare un credito certo e liquido nei confronti del condominio. Questo principio tutela i condomini, garantendo un controllo più rigoroso sulle spese, e richiama gli amministratori a una gestione scrupolosa e formalmente corretta, evitando decisioni unilaterali che potrebbero avere conseguenze economiche rilevanti.
Implicazioni pratiche per amministratori e condomini
La sentenza impone maggiore rigore nella gestione del rendiconto e nel rapporto con l’assemblea condominiale. Per gli amministratori, questo significa che non basta svolgere correttamente il proprio incarico: è indispensabile che il compenso sia stato deliberato e che il rendiconto annuale venga presentato e approvato nei tempi previsti.
In caso contrario, anche somme già incassate potrebbero dover essere restituite. Per i condomini, invece, questa decisione rappresenta una garanzia di controllo: l’assemblea può valutare, respingere o modificare il compenso proposto, assicurando così una gestione più trasparente e partecipata. La chiarezza nella comunicazione e la correttezza formale diventano quindi elementi imprescindibili nella vita condominiale.
È consigliabile che ogni regolamento definisca con precisione le modalità di approvazione del rendiconto e di determinazione dei compensi. L’amministratore, dal canto suo, dovrebbe fornire una relazione annuale dettagliata delle attività svolte, accompagnata da documentazione e giustificativi di spesa.
I condomini, invece, dovrebbero partecipare attivamente alle assemblee, chiedere chiarimenti e votare consapevolmente. Solo un dialogo costante e documentato tra le parti può evitare incomprensioni e favorire una gestione ordinata, trasparente e conforme alla legge.






