La gestione contabile del condominio rappresenta uno degli aspetti più delicati e frequentemente fonte di contestazioni tra condomini e amministratori.
Il rendiconto annuale, quel documento che riassume tutte le entrate e le uscite della gestione condominiale, deve rispettare precisi requisiti di legge per essere considerato valido. Quando questi requisiti non vengono rispettati, i condomini hanno il diritto di impugnare la delibera assembleare che ha approvato il documento. Una recente pronuncia del Tribunale di Milano ha chiarito ulteriormente quali elementi devono essere necessariamente presenti nel rendiconto condominiale, pena la sua annullabilità.
La sentenza in questione offre importanti spunti di riflessione sia per i proprietari di appartamenti che per gli amministratori, evidenziando come anche un rendiconto già approvato dall’assemblea possa essere messo in discussione se mancano informazioni essenziali per valutare correttamente la situazione patrimoniale del condominio.
L’obbligo di indicare morosità e debiti nel rendiconto
La sentenza numero 8390 del Tribunale di Milano dello scorso novembre ha stabilito un principio fondamentale: il rendiconto condominiale deve necessariamente contenere l’indicazione chiara e dettagliata delle situazioni di morosità e dei debiti pendenti, pena l’annullabilità della delibera di approvazione.
Nel caso esaminato dai giudici milanesi, alcuni condomini avevano impugnato le delibere assembleari relative all’approvazione dei rendiconti di diversi anni precedenti, contestando principalmente tre aspetti: l’impossibilità di visionare preventivamente il registro di contabilità, l’assenza di una nota sintetica esplicativa adeguata e, soprattutto, l’omessa indicazione di morosità condominiali che superavano i sessantamila euro.

Il tribunale ha accolto le ragioni dei ricorrenti, spiegando che la mancata menzione delle morosità nella nota sintetica compromette gravemente la trasparenza del documento e impedisce ai condomini di avere una visione completa della situazione patrimoniale dell’edificio.
Come contestare un rendiconto irregolare e quali sono i termini
Una volta individuate irregolarità sostanziali nel rendiconto condominiale, il condomino interessato deve agire tempestivamente per far valere i propri diritti. La legge concede un termine perentorio di trenta giorni per impugnare la delibera assembleare che ha approvato un rendiconto viziato, decorso il quale la deliberazione diventa definitiva e non più contestabile.
È fondamentale sapere da quando decorre questo termine: per i condomini presenti in assemblea che hanno votato contro o si sono astenuti, i trenta giorni partono dalla data della riunione assembleare; per i condomini assenti, invece, il termine inizia a decorrere dal momento in cui ricevono formalmente il verbale dell’assemblea tramite comunicazione dell’amministratore. L’impugnazione non va rivolta direttamente contro il rendiconto in quanto documento, bensì contro la delibera che lo ha approvato, attraverso un ricorso presso l’autorità giudiziaria competente.
Oltre alle morosità non indicate, possono costituire motivo di annullamento anche altri vizi come errori di calcolo significativi, mancanza dei documenti giustificativi delle spese, omissione del registro di contabilità o assenza della nota sintetica esplicativa. Vale la pena ricordare che la sentenza milanese ha anche confermato la nullità di delibere che approvano lavori straordinari senza la costituzione del fondo speciale obbligatorio previsto dall’articolo 1135 del Codice Civile, dimostrando quanto sia importante il rispetto rigoroso delle norme in materia condominiale.





