C’è qualcosa di paradossale nel vivere al primo piano di un palazzo con vista… sui cassonetti. Ti affacci per prendere una boccata d’aria e vieni accolto dall’aroma pungente dei rifiuti. Zanzare, insetti, rumori e l’inevitabile senso di disagio diventano compagni quotidiani. Ma tutto questo è davvero inevitabile?
Chi decide dove piazzare i bidoni della raccolta differenziata? E soprattutto: può il condominio imporre una simile scelta, anche se lede la tua qualità della vita? La risposta non è così scontata, ma una recente vicenda giudiziaria ha fatto chiarezza su un punto fondamentale: il diritto al godimento della propria casa viene prima delle comodità logistiche condominiali. E la soluzione, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non richiede battaglie legali estenuanti: a volte basta davvero un’email ben scritta.
Odori sotto la finestra? Il tuo disagio conta e la legge lo riconosce
Capita più spesso di quanto si pensi: l’assemblea condominiale delibera il posizionamento dei cassonetti in un’area comune, magari senza troppa attenzione a chi abita proprio sopra. La raccolta differenziata è un dovere condiviso, certo, ma quando la collocazione scelta comporta odori molesti, presenza di insetti e disturbo alla quiete domestica, allora diventa un problema giuridico.

Il principio è chiaro: anche se l’assemblea ha il diritto di gestire le parti comuni, questo potere non è illimitato. Deve esercitarsi in modo ragionevole, senza violare i diritti individuali dei singoli condomini. Se la decisione presa dalla maggioranza crea un danno concreto e ingiustificato a uno di essi, allora può essere impugnata e può essere annullata.
Un caso emblematico ha riguardato una condomina che si è ritrovata con i bidoni dei rifiuti a soli quattro metri dalla propria finestra. Il disagio era evidente: odori forti, impossibilità di tenere aperti gli infissi, invasione di mosche durante l’estate.
Ha contestato la delibera, e il giudice le ha dato ragione. Non servivano perizie tecniche complicate: sono bastate fotografie e la semplice constatazione che quella collocazione violava il suo diritto al sereno godimento dell’abitazione.

Il giudice ha utilizzato le cosiddette “massime di esperienza”, ossia il buon senso applicato al diritto: è ovvio che un cassonetto sotto la finestra, soprattutto d’estate, genera fastidi. Quindi sì, anche senza strumenti scientifici sofisticati, si può dimostrare il danno. Il condominio avrebbe potuto scegliere un altro spazio comune, come il locale autoclave, ma non l’ha fatto.
E questo ha rappresentato un abuso del potere di maggioranza. Ma allora cosa puoi fare tu, se ti trovi nella stessa situazione?
- Scrivi all’amministratore e chiedi formalmente di rivedere la delibera.
- Se non ottieni risposta, raccogli prove fotografiche e documenta i disagi.
- Hai 30 giorni dalla comunicazione della delibera per impugnarla presso il giudice.
- Puoi anche chiedere l’intervento di un legale, ma spesso già una lettera formale o un’email ben strutturata è sufficiente per riaprire la discussione in assemblea.
L’articolo 844 del Codice Civile ti tutela: nessuno può costringerti a sopportare immissioni (odori, fumi, rumori) oltre la normale tollerabilità. E se esistono soluzioni alternative, il condominio deve prenderle in considerazione.
Non devi accettare passivamente una decisione che ti danneggia solo perché è stata presa a maggioranza. La convivenza in condominio richiede equilibrio, buon senso e rispetto reciproco. E anche un po’ di coraggio nel far valere i propri diritti, magari iniziando proprio da un’email.