Una casa con una stanza sola? All’inizio fa sorridere. Poi ci pensi meglio e capisci che c’è sotto qualcosa di più. Non è un capriccio strano da architetti con troppe idee e poco spazio. Le cosiddette case monostanza esistono davvero, e si costruiscono, si abitano, funzionano. E noi di DesignMag le seguiamo da un po’. Perché dietro quel singolo ambiente, così essenziale, si nasconde un modo tutto nuovo di pensare lo spazio.
Niente salotto, cucina, studio, bagno separati. Tutto insieme, in un unico respiro. Non per gioco, ma per un’idea chiara: vivere con meno. Queste case nascono da un’urgenza concreta. Tagliare il superfluo, ridurre l’impatto, vivere meglio con poco. Sembra una sfida, invece è un approccio sempre più serio. Ma cerchiamo di capirne qualcosa di più!
Quando una stanza basta per tutto: architettura fluida e libertà di movimento
Quando si parla di casa a una stanza, molti pensano subito a una tiny house o ad un monolocale. Ma non è proprio la stessa cosa. Qui non si tratta solo di pochi metri quadrati, ma di un’idea di spazio continua. Una casa monostanza può essere piccola o anche sorprendentemente grande. La caratteristica è una: niente muri interni, a parte quello del bagno. Il resto è tutto un unico ambiente. Zona giorno, cucina, letto, lavoro, relax.

Ci sono vantaggi evidenti. Intanto, la luce. Quando non ci sono muri a interromperla, la luce naturale si espande, cambia l’umore della casa, e anche il tuo. E poi lo spazio ti sembra più grande, anche se i metri sono pochi. Non devi dividere ogni funzione, puoi reinventare tutto ogni giorno. È un modo più flessibile di abitare, più leggero anche dal punto di vista economico. Si costruisce con meno materiali, si riscalda più in fretta, si consuma meno.
La privacy, però, quasi scompare. Se convivi con qualcuno, ci vuole un bel po’ di intesa. Ogni cosa è condivisa, ogni rumore si sente. E serve disciplina, perché senza divisioni, l’ordine non è più opzionale. È parte dell’equilibrio dello spazio. E qui entra in gioco il design intelligente. Mobili che si trasformano, librerie che dividono, soluzioni su misura. Spesso si usano vetri opachi mobili per creare separazioni temporanee, oppure tende leggere che scorrono e chiudono solo per un attimo. Anche il pavimento può aiutare, cambiare materiale o colore in certe zone dà l’idea di uno spazio con funzioni diverse, senza costruire nulla.

Due progetti che ci hanno colpito? La K Valley House degli Herbst Architects, in Nuova Zelanda, è un ottimo esempio. È immersa nel verde e completamente aperta verso la natura. Solo il bagno è chiuso. Il resto, un grande open space di circa 70 metri quadri. Travi a vista, legno, vetro, luce ovunque. Lì dentro non ti manca nulla, ma hai solo l’essenziale. E lo vivi intensamente.

Un’altra è la Micro House A45 dello Studio Bjarke Ingels Group, in Danimarca. Solo 17 metri quadri, ma un’espressione perfetta dell’idea. Alta, luminosa, tutta in materiali sostenibili. Ha la forma di un esagono allungato e sembra una piccola navicella pronta a viaggiare. Letto, cucina, lettura, tutto in un unico ambiente che cambia funzione durante la giornata. Ed è anche trasportabile, il che non guasta.
Chi può sentirsi a casa in uno spazio così? Sicuramente chi ama la semplicità, chi non ha bisogno di accumulare e chi cerca uno spazio che gli somigli, fluido, senza confini netti. Ma anche chi vuole una casa da usare per un periodo, da spostare, da adattare. È una scelta estrema? Forse. Ma può diventare la più coerente con il modo in cui viviamo oggi.