L’errore più comune che rovina l’arredamento di casa (e come evitarlo) - designmag.it
C’è sempre quel momento, dopo aver sistemato tutto, in cui ti fermi a guardare la stanza e senti che qualcosa stona. Non capisci subito cosa sia. I mobili sono belli, i colori ti piacciono, le tende nuove sono perfette. Eppure, l’insieme non funziona come speravi. C’è una specie di peso nell’aria. Un’impressione che la casa sia più piccola di quanto sia in realtà. A volte ti viene anche da pensare che fosse meglio prima. Ma prima cosa? Prima del tappeto nuovo?
Capita più spesso di quanto si pensi. Anche chi ha buon gusto, anche chi ha speso tempo e soldi per fare le cose con cura. Non è questione di stile, ma di respiro. Di come le cose stanno nello spazio. C’è un errore silenzioso, quasi invisibile, che molti fanno. Non è drammatico, ma è potente. E una volta che lo noti, non riesci più a ignorarlo.
Ci si lascia spesso tentare dall’idea che più elementi in una stanza voglia dire più personalità. È un pensiero quasi istintivo… aggiungo un quadro, poi una mensola, poi una lampada a terra, e così via. Il problema è che a un certo punto la stanza smette di parlare e comincia a gridare. Gli occhi non sanno più dove posarsi, tutto compete per attirare attenzione. Invece di calore, si percepisce confusione. Invece di accoglienza, un senso di affollamento difficile da spiegare ma immediatamente riconoscibile.
Molti se ne accorgono solo con il tempo, quando muoversi in casa diventa meno fluido, quando si accumulano oggetti che non si usano, quando ogni angolo sembra finito ma nessuno riesce a respirare davvero. È lì che qualcosa va riletto. Una stanza non è una bacheca. Non serve dimostrare tutto subito, non serve occupare ogni parete. Anzi, è proprio il contrario: lo spazio vuoto ha un ruolo.
Un ambiente ben arredato ha bisogno di zone di quiete, non solo visiva, ma anche fisica. Posti in cui il corpo può passare senza urtare nulla, in cui lo sguardo può riposare senza cercare costantemente un punto di riferimento. Questo vale anche per gli stili più decorativi, quelli pieni di oggetti e riferimenti. Il boho, il vintage, l’eclettico: tutti funzionano solo se c’è equilibrio. Quando ogni centimetro è occupato, si perde anche il carattere. È come se le cose si cancellassero a vicenda.
Un buon modo per capire se c’è troppo è osservare la funzione dello spazio. Se per passare da un divano alla cucina devi schivare tre ostacoli, c’è qualcosa da sistemare. Se ogni volta che guardi una parete ti sembra di non riuscire ad aggiungere neanche un chiodo senza esagerare, forse hai già esagerato. Lo stesso vale se senti che la casa è sempre in disordine, anche quando è pulita. Non è una questione di pulizia, ma di sovraccarico visivo. Il cervello percepisce troppe informazioni e si affatica.
Molti interior designer parlano di zone di decompressione. Sembra una parola tecnica, ma dice una cosa semplice: servono vuoti per far funzionare i pieni. Una parete senza nulla, un angolo con solo una pianta, uno spazio attorno al divano dove si possa camminare senza inciampare. Lasciare spazio non vuol dire lasciare incompiuto. Vuol dire dare respiro alle cose, alla luce, alle persone che vivono in quella casa.
Rimettere mano a uno spazio che senti troppo pieno non richiede grandi gesti. A volte basta spostare un mobile di qualche centimetro, togliere una sedia, liberare un ripiano. L’effetto è immediato e si tratta di benessere. In un ambiente arioso, la mente si rilassa. E tutto quello che resta – un quadro, una lampada, una poltrona – acquista più valore. Perché finalmente si vede, finalmente si sente.