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Complementi d'arredo

Le PIANEROTTOLE: le piante più adatte (e belle) da tenere fuori porta. Non ti chiederanno nemmeno attenzione questo autunno

Il pianerottolo è spesso il luogo più dimenticato della casa, quello che attraversiamo in fretta senza dargli la minima attenzione. Eppure, è il nostro biglietto da visita, il primo spazio che incontrano ospiti e vicini, la soglia che separa l’intimità della casa dal mondo esterno. Trascurarlo significa lasciare che quell’angolo resti freddo e impersonale, mentre basterebbe poco per trasformarlo in una piccola scena capace di accogliere e sorprendere. Le piante possono essere l’elemento che ribalta la percezione di questo spazio.

Scelte con criterio, resistenti e poco impegnative, diventano presenze discrete che portano calore e vitalità. Non si parla di giardini complicati né di cure da pollice verde, ma di specie che sanno adattarsi a correnti d’aria, poca luce e annaffiature dimenticate. Alcuni le chiamano “pianerottole”, piante pensate per vivere proprio lì, in quella zona di passaggio che da trascurata diventa improvvisamente viva, quasi poetica, come racconta anche un libro che a loro è stato dedicato.

Le piante più adatte al pianerottolo (e perché): manutenzione minima, risultato massimo

Scegliere le piante giuste per un pianerottolo significa affrontare sfide precise. Non c’è quasi mai la luce diretta, gli spifferi si fanno sentire a ogni porta che si apre e spesso l’aria è più fredda rispetto agli ambienti interni. Eppure proprio qui possono vivere bene alcune specie che hanno fatto della resistenza la loro forza.

La Sansevieria è un esempio perfetto. Slanciata, ordinata, cresce senza chiedere attenzioni costanti e tollera anche chi si dimentica di annaffiarla per settimane. In un vaso stretto e ben drenato porta verticalità e un senso di pulizia all’ingresso, diventando quasi un elemento architettonico.

Se invece si vuole un verde più ampio, l’Aspidistra elatior è imbattibile. Nota come “pianta di ferro”, sopporta ombra, correnti e persino periodi di totale negligenza. Non ha fioriture vistose, ma le sue foglie ampie e scure creano subito un’atmosfera di stabilità e solidità. Basta un terriccio leggermente sabbioso e non c’è altro di cui preoccuparsi.

Le piante più adatte al pianerottolo (e perché): manutenzione minima, risultato massimo – designmag.it

In angoli più umidi può trovare spazio la Felce di Boston, che con la sua chioma morbida e ricadente porta leggerezza e movimento. Per un effetto opposto, la Zamioculcas zamiifolia si presta ai pianerottoli luminosi ma non colpiti dal sole diretto. Le sue foglie lucide restano perfette anche con pochissima acqua, a patto di evitare ristagni.

Chi cerca fogliame decorativo tutto l’anno può orientarsi sull’Aglaonema, che regala venature colorate e un aspetto sempre fresco. Con qualche nebulizzazione sporadica resta vitale anche in spazi medio-ombreggiati. Altrettanto affidabile è il Pothos, ricadente o arrampicante, ottimo per riempire pareti o scaffali con il minimo sforzo. Basta ruotare il vaso ogni tanto per mantenerne la crescita equilibrata.

Per un tocco di colore stagionale, la Clivia miniata porta fiori arancioni intensi anche con poca luce, chiedendo solo riposi asciutti tra un’annaffiatura e l’altra. Più elegante è la Chamaedorea elegans, una mini-palmetta che non invade mai lo spazio e dona volume leggero. Se invece l’androne è arieggiato, l’Hedera helix crea colonne verdi che richiedono solo potature leggere per non esagerare.

Le “pianerottole” tra botanica e racconto – designmag.it

La manutenzione è minima ma va fatta con metodo. Un sottovaso ben impostato evita macchie a terra, le foglie vanno spolverate una volta al mese per favorire la fotosintesi e il terriccio si controlla ogni due o tre settimane, bagnando solo quando è asciutto in profondità. I vasi in resina o terracotta trattata resistono meglio agli sbalzi e ruotare i contenitori periodicamente garantisce crescita uniforme. Prima di assenze prolungate basta una bagnatura profonda e un letto di argilla espansa umida.

Gli errori più comuni si ripetono sempre: troppa acqua che porta a marciumi, vasi troppo grandi che restano umidi per settimane, correnti gelide che raffreddano le radici. Piccole accortezze come tappetini isolanti o portavasi stabili con feltro antiscivolo evitano spiacevoli incidenti. Importante anche non esagerare con concimi forti o profumi intensi vicino all’ingresso, che rischiano di diventare fastidiosi.

L’arredo fa la sua parte. Basta un coprivaso neutro, una lanterna a LED o un tappetino in fibra naturale per creare un punto di accoglienza senza ingombrare. Combinare una pianta verticale come la Sansevieria, una ricadente come il Pothos e una dal fogliame largo come l’Aglaonema dà profondità anche in spazi stretti.

Un tocco d’arredo che fa la differenza – designmag.it

Le “pianerottole” non sono solo una scelta pratica. Nel libro a loro dedicato, Le pianerottole. Storie di piante all’uscio, vengono raccontate come presenze gentili, testimoni silenziosi della vita quotidiana. Dare un nome a una pianta o segnare la data d’arrivo è un modo per instaurare un legame affettivo, trasformandole in veri personaggi domestici.

Sul piano scientifico, gli studi storici come il NASA Clean Air Study del 1989 hanno dimostrato in condizioni controllate la capacità di alcune piante di assorbire sostanze volatili. Nella vita reale l’effetto è più limitato, ma il beneficio estetico e psicologico resta evidente. La sensazione di benessere che una pianta trasmette nel quotidiano è reale, anche se ventilazione e pulizia restano le vere basi della salubrità.

Infine, non dimentichiamo le regole di condominio. È bene verificare il regolamento, evitare di ingombrare vie di fuga e scegliere portavasi stabili. Con queste accortezze, anche il pianerottolo più piccolo può diventare un micro-giardino accogliente e resistente, pronto a durare per tutto l’autunno senza chiedere cure continue.

La guida rapida è semplice: poca luce e aria fredda chiamano Sansevieria o Aspidistra; per foglie decorative meglio Aglaonema o Zamioculcas; per volumi morbidi affidarsi a Pothos o Chamaedorea; per un accento colorato c’è la Clivia. Una volta sistemato il drenaggio e impostato il sottovaso, basterà dimenticarsene per qualche settimana.

Rosa Liccardo

Sono laureata in Storia dell'arte ed ho la passione per i libri e la scrittura. Redattrice da qualche anno e amo scrivere di lifestyle, viaggi, arte e turismo. Sono appassionata di grafica e fotografia e nel tempo libero mi piace cucire, vedere film e serie tv. Ho una predilezione per i fantasy!

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